L’intervento cognitivo e comportamentale
è uno dei più diffusi approcci di tipo psicoterapeutico, la cui efficacia è
scientificamente dimostrata. Si basa sull’integrazione tra la psicologia
cognitiva e quella comportamentale.
Il Comportamentismo nasce agli inizi del
Novecento ad opera dello psicologo John Watson. L’assunto che ne è alla base è
che il comportamento è l’unica unità di analisi studiabile poiché l’unico
direttamente osservabile; la mente è definita
una “scatola nera”.
Il Cognitivismo, invece, nato alla fine
degli anni Cinquanta, considera l'uomo costruttore attivo della propria realtà.
L’integrazione tra i due approcci è avvenuta negli anni Sessanta e si esplica
come sintesi tra gli approcci neocomportamentisti, la Terapia Razionale Emotiva
del comportamento di Albert Ellis e la terapia cognitiva di Aaron Beck. Il focus di interesse riguarda, dunque, tre
elementi intercorrelati tra loro: cognizione, emozione e comportamento. Con il
termine cognizione si fa riferimento al pensiero, alle credenze, alle
aspettative. L’emozione, invece, corrisponde a risposte del sistema limbico con successive reazioni di attivazione di tipo elettrocorticale, neurovegetativo
e muscolare. Il comportamento è definito come una risposta ad uno stimolo.
L’assunto di base della terapia
cognitiva è che siamo noi a generare le nostre emozioni attraverso ciò che
pensiamo; scegliamo di pensare, e quindi di sentire, e possiamo scegliere di
cambiare noi stessi in modo considerevole. L’uomo possiede infatti un’abilità
fondamentale che è quella di riflettere sul proprio pensiero, ovvero analizzarlo
e modificarlo. Più affina tale abilità e più impara a pensare, a sentire e a comportarsi
in modo davvero libero e autodeterminato. Per quanto assurdo possa sembrare, è
proprio così. Possiamo scegliere.
I problemi psicologici derivano in gran
parte da distorsioni della realtà, le quali si basano su premesse e assunzioni
errate, originate da apprendimenti scorretti durante lo sviluppo. La terapia
cognitiva favorisce la consapevolezza di tali distorsioni e successivamente la loro
correzione; insomma facilita l’apprendimento di modi realistici per
interpretare la realtà.
La terapia del comportamento, invece,
opera, come intuibile, a livello comportamentale. Per indurre un cambiamento si
utilizzano diverse tecniche derivate dalla ricerca in psicologia dell’apprendimento.
Virtualmente è possibile modificare ogni comportamento umano.
Entrambi gli approcci, cognitivo e
comportamentale, sostengono che il criterio per giudicare l’efficacia di un
intervento è la quantità di miglioramento misurabile che si verifica nel
comportamento del cliente.
Gli ambiti di applicazione della terapia
cognitivo comportamentale sono diversi. È efficacemente utilizzata per il
trattamento di agorafobia, disturbo ossessivo-compulsivo, attacchi di panico,
disfunzioni sessuali, depressione, distress, disturbi dell’alimentazione,
difficoltà coniugali, autogestione di problemi personali, ecc.
Non essendo l’uomo né
solo cognizione, né solo comportamento, l’efficacia di un intervento
terapeutico è maggiore se le due terapie sono abbinate. La prevalenza dell’una
o dell’altra, la modalità di combinazione e di conduzione dipendono
essenzialmente dal tipo di problema esposto e dalle caratteristiche della
persona. dr.ssa Lorena Lopomo - Psicologa
http://lorenalopomo.it/2013/12/10/lintervento-cognitivo-e-comportamentale/
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